Siamo da qualche parte lungo il confine sud della Gran Bretagna, vale a dire quella parte della costa inglese che affaccia sulla Manica. Siamo in un anno non precisato del XXI secolo, potrebbe essere il presente o il futuro, un mondo coerente col nostro eppure distante.
Lunghe giornate, lunghissime notti di guardia, nel freddo e nel vento, sulla cima del muro che è stato eretto per vigilare sul confine e respingere chiunque cerchi di attraversarlo. Nessun uomo o donna può sottrarsi: per due anni la vita alterna due settimane sul muro e due lontano.
Guerre, carestie e cambiamenti climatici hanno prodotto luoghi dove l’unica salvezza possibile è altrove, cercando di entrare in un paese che si difende in ogni modo possibile, con la disciplina e perfino il sacrificio dei suoi cittadini. La punizione per chi manca di difendere il muro con la vita, è di andare alla deriva in mezzo al mare su di una barca con pochi viveri e un’arma. Allora siamo noi loro — per citare Marracash. Fermarli o diventare come loro.
Con queste premesse, è possibile un mondo diverso? John Lanchester dice di sì. E lo costruisce sulle rovine di una piattaforma petrolifera in disuso, dove vive un uomo che non ha più le parole ma non ha appreso l’indifferenza.
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