* Journal su:

Benessere digitale

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  • Wattpad no.

    In una nota del 7 maggio raccontavo la mia voglia di sperimentare con altri modi di pubblicare le storie, e l’inizio di un’avventura con Wattpad (sì, la piattaforma di fanfiction). Ecco, lì è iniziata e qui finisce.

    La logica estrattiva torna a farsi viva appena ho capito come funziona il meccanismo di ranking di Wattpad. Per farla breve, il sito compila delle “classifiche” delle storie caricate dell3 utenti divise per tag, genere, argomento ecc. È una pratica di completa gamification della generazione dei contenuti dell3 utenti, che non risponde sicuramente a un criterio di benessere digitale, ma insomma tant’è. Solo dopo un po’ ho capito che il ranking in realtà è completamente casuale, non c’entra nulla con l’apprezzamento espresso da altr3 utenti, né col numero di visualizzazioni, link o “like”, ma è influenzata moltissimo dalla frequenza di pubblicazione.

    Insomma, è durata quel che è durata, quasi due mesi a dirla tutta.

    Mi sto preparando a spostare tutto, a breve arriveranno i nuovi link.

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    Leggi la nota del 7 maggio (che è ancora valida)

    Come, hai pubblicato su Wattpad? Proprio a te che non piacciono le piattaforme?

    Quando frequentavo la Scuola Holden mi è capitato di fare lezione con Beatrice Masini, allora editor e oggi direttrice editoriale di Bompiani. C’è una cosa che disse e mi è rimasta particolarmente impressa. Lei, ammise, preferiva di gran lunga lavorare nell’editoria per ragazz3 e bambin3 che in quella per adult3. Perché chi scrive libri per ragazz3 non si prende molto sul serio: di solito ha trovato un buon equilibrio tra la responsabilità che il lavoro richiede e il fatto che quel genere di produzione letteraria è considerata quasi unanimemente inferiore, secondaria, non meritevole di tutti gli onori e la prosopopea che la professione dello scrittore solitamente porta con sé.

    In effetti, tutt3 l3 scrittor3 di narrativa per ragazz3 che ho conosciuto di lì in poi hanno confermato l’opinione di Beatrice Masini, essendo persone sì impegnate ma decisamente poco autocompiaciute.

    Con ciò non intendo dire che vorrei diventare unx scrittorx di narrativa per ragazz3, perché il mio terrore e ritrosia nei confronti delle persone piccole sono insormontabili. Però sono convintx che quell’atteggiamento lì di cui parlava Masini possa essere esteso anche ad altri tipi di “scrittura umile”.

    Di Wattpad apprezzo l’onestà. Mi sento partecipe di quel modo sincero di scrivere, che nasce da una necessità reale. Sì, ogni tanto il crige mi raggela, e la grammatica passa un po’ in secondo piano; spesso mi sento un Englishman in New York, col mignolino alzato, il bastone da passeggio e la frase lunga à la Proust (più nelle intenzioni che nel risultato). Le community parlano di fantasy, di fanfiction e fanno riferimento a media che non conosco neanche, e insomma mi sento con un piede dentro e uno fuori.

    Ma al di là della forma specifica che prende, è alla modalità che guardo. Se la scrittura non serve a scambiare qualcosa con qualcunx, a creare comunità o perlomeno community, forse non serve proprio a niente. Wattpad sarà anche cringe, ma sento di avere delle cose da imparare.

    Va bene, ma il portato politico?

    Okay Giancosu, grazie per avermelo ricordato. Wattpad è una soluzione temporanea. L’estrazione di valore da parte delle piattaforme dai contenuti pubblicati (gratis) dalle persone è un meccanismo che non approvo e continuo a non approvare, sebbene io mi sia prestatx pubblicando lì Ogni riferimento.

    Desidero capire Wattpad e l’ambiente che si crea tra le persone che lo frequentano. Come spesso capita per le tecnologie e gli strumenti che utilizzo, la via si traccia a forza di tentativi, l’importante è non fermarsi mai.

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  • Italian Linux Society

    Rileggendo la storia di una bicicletta di nome Oscar ho avuto una ralizzazione sui progressi che si fanno qualche volta a conoscere il mondo circostante.

    Circa un anno fa, quando è arrivato il mio computer ricondizionato e ho scoperto quel problema col suo kernel e Linux Mint (lo accenno nel post) la sensazione era di non avere nessuno a cui chiedere aiuto o consiglio, né qualcuno con cui potermi andare a lamentare senza dover spiegare perché è così importante per me usare Linux. Insomma, mi sentivo incompreso e sconsolato.

    Qualche giorno fa ho scoperto per caso un’organizzazione chiamata Italian Linux Society, con una sede a Torino (ILS Torino) e in diverse altre città. Queste persone tengono uno sportello una volta alla settimana nella casa di quartiere di San Salvario dove aiutano le persone volenterose ma non autonome a capire, a usare, e ovviamente anche a installare i sistemi Linux.

    Non mi sono ancora rivoltə allo sportello, perciò non posso dire molto, però in un certo senso questo porta alla massima potenza quello di cui parlavo alla fine di quello stesso articolo su Oscar, a proposito del ruolo della comunità (altrove direi della società civile) nell’aiutarci a scegliere e rendere sostenibili e orrizontali le tecnologie, proprio come diceva il già citato Ivan Illich e più di recente Carlo Milani.

    +1 Sogni nel cassetto: smartphone con Linux Ubuntu Touch.

    (Capisco i limiti, ma spero sempre che queste note, oltre che alla mia memoria, possano essere utili anche ad altre persone, quindi clicca i link, naviga, esci dal mio blog e vai a scoprire modi diversi di fare le cose. Bye!)

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  • Software Autonomy

    Digital Justice paragona alcuni dispositivi come iPhone e Oculus a dei giardini cintati da mura. A parte il fatto che nessun giardino dovrebbe essere recintato, il problema sono i vincoli imposti all’uso delle tecnologie da parte delle aziende produttrici.

    Un altro esempio, magnificamente raccontato dalla narrativa di Cory Doctorow, si trova nel primo dei quattro racconti contenuti in Radicalized. Sembra a prima vista una storia di fantascienza hacker, ma nulla di quello che ci troviamo, né dal punto di vista tecnologico, né da quello politico, è veramente fantascientifico. Forni che funzionano solo su abbonamento e tostano solo il pane di machi autorizzati, sono un’estremizzazione di dinamiche vive e presenti nel capitalismo odierno.

    Qui c’è un video di 60 secondi che spiega cos’è la Software Autonomy e perché è importante.

    E qui c’è la mia personale lista di risorse software che vanno, in qualche modo, nella direzione di una sempre più consapevole scenta dell’autonomia:

    • Joplin > Scrittura e note
    • Framapad > Google docs
    • Framacalc > Google Fogli
    • Vivaldi > Browser
    • Matrix > Messaggistica imperfetta ma efficace
    • LocalSend > Condivisione tra dispositivi vicini
    • OpenStreetMap > Ovviamente Mappe
    • ReadYou / Feeder > News Feed per dispositivi Android
    • F-droid > App Store per dispositivi Android

    La lista sempre in aggiornamento… se vuoi di più qui trovi la lista delle alternative open source compilata da Ethical Revolution.

    Per consigliarmene altri usa pure il form dei commenti o la mail.

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  • Non sei la tua Digital Persona

    Ciao Stefano, vorrei avere una presenza social molto più forte, il problema è che spesso mi mette a disagio pubblicare e perciò non riesco a essere motivatə e costante.

    Ti capisco. Se ci pensi, è perfettamente normale essere a disagio quando metti in pubblico i tuoi gusti, i tuoi interessi e anche i tuoi sentimenti davanti a una platea di centinaia di persone.

    Tieni presente però che tu non sei la tua digital persona e la tua digital persona non ti corrisponde. Come mi ha insegnato l’esperimento di Andrew O’Hagan, le identità virtuali tendono ad andare un po’ per la loro strada. L’identificazione è importante, e la sincerità fondamentale, ma sei un essere umano e il tuo profilo social, per quanta cura ci dedichi, non potrà mai comprendere tutte le sfaccettature e le contraddizioni che tieni insieme. E insomma forse va bene così…

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