Ci sono corpi che non contano. Lo dico pensando a Judith Butler, ma in modo improprio, perché non sto pensando ai corpi sessuati o sessualizzati. Penso proprio all’ultimo grado dell’oggettivazione e della deumanizzazione, che ha senso solo in un paradigma in cui tutto ciò che non è umano è considerato meno-che-umano.
Fuori dall’umano ci sono corpi che non contano, che scompaiono, che non sono riconosciuti degni di essere presenti sulla scena dell’agire umano, sebbene lo siano costantemente. È come nella fotografia: metti a fuoco il ragno sul limone e tagli fuori la terra su cui cresce l’albero e le muffe che abitano sulla parete, anche se l’uno senza gli altri non ci può essere.
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